Lo strano caso della Plymouth azzurra

Pavia, 22 luglio 1955. Un giorno come tanti, quel venerdì, che si rivela ricco di emozioni per la tranquilla città lombarda. A riferirci questo curioso caso di cronaca è il Corriere della Sera, con un articolo di Guglielmo Zucconi.

Con una punta di ironia, il giornalista racconta come la “sonnolenta quiete” pavese sia improvvisamente stata turbata da una “cosa enorme”, quasi “mostruosa” agli occhi dei cittadini: una vecchia, grande automobile americana abbandonata da mesi (probabilmente una Plymouth, a giudicare dalla sbiadita fotografia del giornale). “In un paese come l’Italia dove il sogno di ogni pedone è di diventare automobilista”, spiega Zucconi, “non ci può essere automobile senza proprietario”.

E subito, i pavesi pensano a qualcosa di losco. Forse perché troppo appassionati di libri gialli, forse perché condizionati dallo scandalo Montesi che da un anno entusiasma l’intero Paese, o forse solo perché annoiati, i passanti si improvvisano detective e perquisiscono il veicolo: chi trova una rivista, chi trova un paio di occhiali, chi si concentra sull’esotica targa di “Nuova York”, chi deduce che si tratti di un delitto.

Alla fine, la polverosa vettura, dal “remoto colore azzurro” che traspare dalla patina di sporco, viene requisita dalla polizia e rimossa.

È tuttavia il cronista del Corriere a risolvere l’angoscioso mistero; che, in effetti, poi tanto angoscioso non era.

La vettura, scopre il giornalista, appartiene a uno studente italo-americano residente nella stessa via dove l’auto era parcheggiata: nessuno, “in quella torbida atmosfera da dramma giallo pavese”, aveva pensato di controllare.

Il giovane, non vedendo più la sua lussuosa auto, in un primo tempo aveva pensato a un furto. E ne era stato felice! Questo perché, racconta il giornalista, la macchina gli era stata regalata tempo prima da un amico ma, dopo poco tempo, egli stesso se ne era stufato e, non trovando un acquirente, aveva già tentato l’abbandono tre volte (e gli era sempre stata restituita dalla polizia, con tanto di spese da pagare!).

Ma perché mai, viene da chiedersi, il giovane voleva così tanto liberarsi della sua “vasca da bagno”, che in un primo tempo lo aveva tanto entusiasmato?

Oltre a vari problemi di affidabilità, spiega al giornalista, il vero difetto dell’auto è il consumo di benzina. Non che a Pavia e dintorni manchino i distributori; documenti conservati nell’archivio del Museo Fisogni di Tradate testimoniano che già prima della guerra le società petrolifere erano molto presenti nella zona: a Pavia, nel 1941, una pompa era stata installata anche nella centralissima Piazza Castello, mentre a Chignolo Po, piccolo centro della provincia, vi era stata persino una contesa tra SAIP e AGIP per l’apertura del terzo distributore locale.

Il difetto vero, per il giovane studente, non è dunque la difficoltà nel rifornirsi di benzina, quanto piuttosto (problema assai noto a noi contemporanei) gli alti consumi (tipici, del resto, delle grandi auto americane dell’epoca): “quando si era accorto che per andare da Pavia a Santa Margherita c’erano volute 11mila lire di benzina”, aveva fatto i suoi conti e aveva deciso di sbarazzarsi dell’ingombrante vettura; non riuscendo a venderla, aveva provato con l’abbandono.

Fallita anche questa opzione, non gli resta che chiedere al povero Zucconi se “non conosce nessun ladro? Sono disposto a dargli una buona mancia!”.

Marco Mocchetti, curatore Museo Fisogni


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